Classificazione delle erbe e delle materie prime

Vi presento una sintesia sulle tipologie delle cosiddette polveri di cura potrebbe esservi utile per agevolarvi nell’acquisto delle stesse.
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Negli e-store francesi, che trovo molto dettagliati, le polveri di cura vengono normalmente distinte in erbette ayurvediche, erbette non ayurvediche ed argille:

  • erbette ayurvediche: tipiche della tradizione Ayurvedica, trovano ampio utilizzo in ambito cosmetico e nella medicina tradizionale indiana,
  • erbette non ayurvediche: erbe in polvere utilizzate a scopo cosmetico, non ereditate dalla tradizione Ayurvedica;
  • argille: polveri minerali, utilizzate in ambito cosmetico (per maggiori informazioni vi consiglio di leggere gli articoli su argille e ghassoul).

Le principali erbette ayurvediche, diffuse in Occidente, utilizzabili per la cura dei capelli (ma anche del corpo), sono: Aloe, Amla, Anantmool o Salsepareille indiano, Arancio, Ashwagandha, Baheda, Brahmi, Cassia, Centella asiatica, Curcuma, Kapoor, Kachur, Kattha Ibisco, Jamun, Lawsonia, Lazaze, Lodhra, Maka, Majihisha (Robbia Cordifolia), Methi, Nagarmotha, Neem, Rosa, Sandalo, Tulsi.
Le principali erbette non ayurvediche (in teoria alcune potrebbero essere reperibili in erboristerie italiane molto fornite, in alternativa sugli e-store francesi) utilizzabili per corpo e capelli sono: Altea o Malva, aker fassi, Avena, Bambù, bardana, cannella, Catnip, Equiseto, farina di ceci, Gelsomino, Guar, lavanda, limone, liquirizia, Ortica, Patchouli, Peonia, Rosmarino, Quinquina rossa, Salvia, Salice bianco, Spirulina, semi di lino, senape, the nero, the verde, zenzero.
Ovviamente, nel blog si parlerà del solo uso topico delle erbette indiane, sebbene alcune siano utilizzate nella medicina Ayurvedica ad uso interno, ma è necessario che ciò avvenga su indicazione di uno specialista in Ayurveda.
Precauzioni importanti per l’uso delle erbette
E’ bene precisare che l’utilizzo di qualsiasi sostanza sulla cute non esclude affatto che i principi attivi possano penetrare all’interno dell’Organismo, anzi.
Occorre, quindi, prestare attenzione:

  • al tipo di polvere di cura che si intende utilizzare,
  • all’esistenza di particolari controindicazioni di natura medica per una polvere specifica.

Un esempio classico è il methi che, per la presenza di fitoestrogeni, potrebbe non essere indicato in presenza di problematiche di natura ormonale specifiche (e sembrerebbe anche in caso di mal funzionamento della tiroide), per le quali si suggerisce di interpellare preventivamente lo specialista da cui siete in cura.
Nel dubbio, dato che lo specialista potrebbe anche non conoscere questa erbetta ayurvedica, si consiglia di applicarla solo sulle lunghezze, escludendo la cute, in modo che il methi non possa penetrare nell’Organismo.
Erbette in gravidanza ed allattamento
Pur non esistendo studi scientifici in merito, in via precauzionale, sarebbe bene seguire i seguenti consigli:

  • non utilizzare in assoluto le erbe nel I° trimestre di gestazione, quello più delicato per la formazione del feto,
  • nel periodo successivo al I° trimestre ed in allattamento, utilizzare le erbe solo una volta acquisito il parere favorevole del ginecologo, ed esclusivamente di marche certificate in UE (Khadì, Janas, Phitofilos, Tea Natura, Radico, La Saponaria), soggette alla stringente normativa europea in materia cosmetica, che effettuano (od almeno dovrebbero) controlli sui metalli pesanti, residui da pesticidi, assenza di additivi chimici, sulla carica microbica per tutti lotti di erbe trattati. Questo perché le piante provengono da paesi extra UE, in cui i controlli non sempre sono identici agli standard europei.

In sintesi, in gravidanza ed allattamento, si sconsiglia di utilizzare:

  • marche etniche od importate direttamente dai paesi di produzione, che potrebbero contenere additivi chimici non segnalati (extra UE non è obbligatorio riportare integralmente l’INCI) o residui di pesticidi o metalli pesanti, che possono essere dannosi per mamma e bambino;
  • prodotti confezionati in UE, addizionati con picramato, in quanto teratogeno (ossia in grado di causare malformazioni al feto) ed in grado di passare al bambino attraverso il latte materno;
  • methi durante la gravidanza, in quanto ricco di fitoestrogeni.

Per quanto riguarda i più piccoli, il consiglio generale è di evitare di utilizzare prima dell’età dell’adolescenza (diciamo 14-16 anni tanto per capirci) qualsiasi erbetta su cute e capelli.
Le erbe indiane ed il Favismo
Come abbiamo già visto nell’articolo dedicato alle informazioni generali sull’hennè, sebbene non contenenti naftochinone (che si trova in Lawsonia ed Indigo) e quindi non proibite in assoluto, in via del tutto precauzionale, da verificare con lo specialista, si sconsiglia di utilizzare tutte le erbette Ayurvediche, anche se non segnalate come pericolose dalla Federazione Italiana Favismo.
Il perché è presto detto: si potrebbe verificare una contaminazione non controllata, ne controllabile, sia in fase di coltivazione che di confezionamento, visto che i macchinari utilizzati per la produzione sono gli stessi di quelli della produzione di hennè.
Logicamente, anche nel caso di uso di erbette ayurvediche non contenenti naftochinone, sarebbe opportuno prestare attenzione alla preparazione di impacchi in presenza di soggetti favici: è consigliato farlo in locali separati sia durante la preparazione che durante la posa e successivamente arieggiare bene il locale per evitare problemi derivanti dalla dispersione delle polveri.
Quanto sopra perché la crisi emolitica si potrebbe scatenare per effetto dell’inalazione delle erbette (e non dell’applicazione come nel caso di allergia vera e propria) ed il rischio che ciò si verifichi in fase di apertura della confezione, di preparazione, di stesura e di posa dell’impacco è elevatissimo.
Precauzioni di utilizzo
In caso di utilizzo per la prima volta di una nuova erbetta, soprattutto se siete soggetti potenzialmente allergici, il consiglio è di effettuare una prova cutanea (patch test): applicando una piccola dose di impasto sull’avambraccio e coprendo con pellicola trasparente in modo che non si secchi ed attendendo almeno 3 – 4 ore (meglio se 24), prima di sciacquare per verificare, dopo altre 24 ore, la presenza di eventuali reazioni anomale.
Qualora la zona trattata si dovesse gonfiare od arrossare, l’unico consiglio ragionevole è di sottoporre l’accaduto al medico curante, per le valutazioni allergiche del caso, e di astenersi dall’utilizzare l’erba in questione. In caso di forte reazione allergica, ovviamente la soluzione è recarsi in PS.
Da rilevare, che le allergie potrebbero verificarsi per effetto di successive applicazioni (anche non ravvicinate), in tal caso il consiglio è di interpellare assolutamente il medico per una visita allergologica ed ovviamente di rimuovere l’impacco al primo verificarsi dell’episodio allergico.
Qualora si dovesse verificare irritazione al cuoio capelluto, in attesa del consulto medico, dopo aver sciacquato abbondantemente, è possibile applicare gel aloe per lenire almeno in parte il disagio.
Altro consiglio indispensabile è quello di prestare massima attenzione nell’utilizzo di:

  • sostanze dermotossiche come la cannella, lo zenzero, la senape, che si suggerisce di usare previa prova allergica e solo in bassissime quantità;
  • oli essenziali, che sono altamente allergizzanti, da usare sempre in bassissime quantità (due – tre gocce),
  • succo di limone, che potrebbe irritare il cuoio capelluto e seccare i capelli (nel masala gel ad esempio l’azione del limone è perfettamente bilanciata dall’uso di olio di cocco).