Ne abbiamo parlato a proposito del raggiungimento del rosso brillante, oggi vediamo di approfondire il discorso parlando della Robbia o più precisamente delle due tipologie di robbia esistenti: Robbia cordifolia e Robbia tintoria.

Robbia Cordifolia

Normalmente in commercio si trova abbastanza facilmente la Robbia cordifolia, nota anche come il nome in sanscrito di Manjishta o manjeestha od ancora robbia indiana.

Si tratta di una pianta, nome botanico Rubia cordifolia, appartiene alla famiglia delle Rubiacee e parente stretta della Européene Madder (o Rubia tinctorium che su Aromazone si reperisce con il nome di Garance), originaria dell’India, dove è apprezzata per le sue proprietà medicinali.

Nella medicina Ayurvedica, le sue radici sono infatti note come rimedio per la disintossicazione dell’organismo dalle scorie nocive, per alleviare l’apparato digerente ed urinario femminile, in caso di infiammazioni ed infezioni, e come calmante di Pitta e Kapha, nonché sotto forma di impacchi come erba purificante, in grado di aiutare nel processo di eliminazione dei punti neri, dei brufoli, delle macchie cutanee, di rigenerazione dei tessuti lesionati, di sollievo delle infiammazioni della pelle, come coadiuvante nei casi di depigmentazione e come antirughe.

In sostanza, diversamente da quanto noto in Occidente, la Robbia nella medicina tradizionale Ayurvedica è apprezzata soprattutto per le sue proprietà salutistiche e cosmetiche, oltre ad essere ovviamente utilizzata per le sue capacità tintorie.

In particolare, la Robbia cordifolia, utilizzata come maschera viso/corpo, rivela un’interessante azione anti-age ed astringente, aiuta a riparare ed a tonificare i tessuti cutanei, nonché a ridurre le microrughe e ad attivare la microcircolazione cutanea, a rendere la pelle del viso pulita e fresca e ad uniformare il colorito in caso di depigmentazione e discromie, nonchè a lenire le irritazioni della pelle.

Come maschera visto, è particolarmente consigliata per la pelle sensibile, matura, con  brufoli, acne e punti neri, od irritata da scottature ed  infiammazioni in generale. Logicamente, essendo molto ricca di pigmenti, si consiglia di non utilizzare mai la robbia pura sul viso, ma piuttosto di abbinarla ad altre polveri, e soprattutto di non tenere in posa più di 5/10 minuti, onde evitare colorazioni anomale della cute.

Una buona maschera viso può essere realizzata utilizzando robbia e polvere di rosa damascena con acqua di rose (od altro idrolato a voi gradito), da applicare su pelle detersa per una decina di minuti, senza farla seccare, aiutandovi eventualmente con acqua termale spray o acqua di rose, per poi rimuovere con acqua tiepida e procedere con l’applicazione della crema o siero abituale. In caso di pelle particolarmente secca è possibile aggiungere all’impasto poco olio di argan.

Per quanto riguarda invece le sue capacità tintorie, la Robbia cordifolia è conosciuta ed apprezzata fin dall’antichità ed ha trovato impiego quale materia prima colorante dei tessuti, con tutta probabilità in sostituzione della porpora, ben più costosa.

La parte attiva e quindi di nostro interesse è la sola radice della pianta di Robbia condifolia che contiene alcuni pigmenti di natura antrachinonica, come l’alizarina, la rubiadina, la purpurina, etc.

Nell’uso cosmetico decorativo, la polvere di Robbia cordifolia è principalmente sfruttata per la colorazione dei capelli in abbinamento all’hennè.

La particolarità di questa polvere è data dal fatto che la sua capacità tintoria si esplica sia in ambiente acido che basico, ovviamente in abbinamento alla lawsonia: precisamente la Robbia può essere utilizzata per esaltare un tono caldo se preparata con aggiunta di acidi (aceto in primis, visto che il limone tende alla lunga a castanizzare), mentre per esaltare un tono freddo si suggerisce di prepararla con poco bicarbonato, in tal modo dovrebbe far virare l’hennè virare verso tonalità ciliegia.
Anche, se ad onor del vero, esiste una percentuale di persone che, pur trattando la robbia con bicarbonato, ne ricava comunque un tono caldo.

Da notare che in sé, la robbia ha un potere riflessante notevolmente inferiore a quello dell’hennè e proprio per questo motivo il suo utilizzo la vede quasi sempre abbinata in miscela con altre polveri tintorie.

Per la sua particolarità di accentuare le tonalità fredde del rosso, se aggiunta alla lawsonia ne intensifica il colore, in miscela con curcuma o rabarbaro (mi raccomando prestate sempre attenzione al rabarbaro se siete soggetti con cute sensibile) porta invece verso sfumature albicocca.

I produttori ne sconsigliano l’abbinamento con Indigo e Katam.

Al di là dell’aspetto tintorio, sui capelli, la robbia cordifolia esercita un’importante azione ammorbidente, lucidante e purificante del cuoio capelluto.

Robbia Tintoria

Ed ecco il momento di parlare anche della Robbia tintoria, denominata anche Garance (con questo nome si trova ad esempio su Aromazone), garanza o robbia comune.

Per inciso, si tratta di una pianta diversa rispetto a quella ben più famosa sopra descritta, dal nome botanico di Rubia tinctorum, originaria dell’Europa, ed oggi meno diffusa rispetto alla Robbia cordifolia.

La storia della Robbia tintoria è strettamente connessa alla storia delle popolazioni europee, per le quali ha rappresentato una delle più importanti piante tintorie: dalle sue radici e dai suoi fusti veniva, infatti, tratto il pigmento rosso, utilizzato come colore base per le vesti, i vasi, i tappeti, le pelli, gli stendardi, nella pittura e nella decorazione, in tempo di pace e di guerra.

Dai Greci al mondo islamico, dai Cretesi agli Etruschi, dalla Gallia alla Persia, si può ragionevolmente dire che l’industria tessile occidentale fu letteralmente “dipendente” da questa radice per secoli interi, Italia compresa, dove era famosa per essere utilizzata per le splendide vesti dei Medici fiorentini.

In buona sostanza, fino a tutto il XIX secolo, il suo impiego nella tintoria fu enorme, grazie al fatto che il colore ottenuto dalle sue radici si presentava estremamente brillante, resistente ai lavaggi e soprattutto economico, se paragonato alla più famosa porpora, e ciò fino al 1886, anno in cui per la prima volta è stato sintetizzato chimicamente il suo principio attivo, la Alizarina.

Da un punto cosmetico, la sua capacità tintoria, per riguarda la colorazione dei capelli, non risulta particolarmente differente rispetto a quanto detto per la Robbia cordifolia, quindi è possibile osservare le indicazioni sopra riportate.

Diversamente, seppur utilizzata in passato in fitoterapia, oggi è proibito assolutamente l’uso interno di radice di Robbia tintoria, in quanto genotossica e sospettata di essere potenzialmente cancerogena se assunta per via orale, nessun problema invece in caso di utilizzo per la colorazione dei capelli.

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